La Scala di Giacobbe, recensione dicembre 2010

Chiudo La scala di Giacobbe e sono divisa. Da una parte sento di poter capire la protagonista, di potermi immedesimare in lei; dall’altra, tuttavia, provo anche un certo astio nei suoi confronti. Forse perché Carla, il personaggio principale attorno al quale ruota questo romanzo, è una persona come tutti noi e, in quanto tale, può risultarci assolutamente simpatica, così come maledettamente antipatica.
Certo, pur essendo una persona con il suo carico di difetti e virtù, sicuramente la sua storia è interessante e rappresenta un viaggio, dentro se stessi e nel mondo, alla ricerca della pace interiore. E, forse, è proprio questo suo essere emblema di umanità e fragilità che mi mette addosso una certa inquietudine, causata dal mio sentimento manicheo nei suoi confronti.
Conosciamo subito Carla, perché il romanzo si apre con lei: ha commesso un delitto senza alcun motivo. Immediatamente dopo il fattaccio, incontra Giampiero, che è attratto da questa ragazza smarrita. Fra i due sboccia la passione, anche se Carla non riesce a lasciarsi andare del tutto, essendo in preda all’ansia per quello che ha fatto e di cui ha parlato solo a suor Matilde, una sua vecchia amica. La suora crede di poter giustificare il gesto immotivato di Carla con la possessione diabolica: e, infatti, la ragazza verrà esorcizzata.Tuttavia, la polizia è alle calcagna di Carla, così la giovane decide di raccontare tutto a Giampiero e di fuggire, protetta dalle mura del monastero di Pratonovo. Nel suo corpicino, però, si nasconde una bella sorpresa: nove mesi dopo darà alla luce una bambina, dalla quale è costretta ad allontanarsi per assicurarle un futuro. Incontriamo Carla quando ha 19 anni ed è un’anima in pena; da quel momento in poi, però, la giovane matura, diventa donna e compie consapevolmente le sue scelte: si fa suora, ma porta con sé il suo bagaglio di contraddizioni e fragilità che poi è lo stesso di qualsiasi donna.
La scala di Giacobbe è, dunque, la storia della vita di Carla che diventa suor Michaela e, lentamente, con qualche strappo e, probabilmente, qualche pianto di troppo, accetta e supera tutte le difficoltà (non saranno poche) che la vita (Dio?) porrà lungo il suo percorso.
Questo romanzo offre non pochi spunti di riflessione, in primis legati al mondo del clero, alle sue regole rigide che, grazie alla bontà e al bene, possono essere addirittura sovvertite. La scala di Giacobbe, in conclusione, è un viaggio che tutti possiamo compiere, consapevoli, però, della sua complessità e profondità contenutistica.
Angela Liuzzi

(Temperamente.it, sito di recensioni letterarie, 1 dicembre 2010)

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La Scala di Giacobbe, recensione novembre 2004

Un ponte con tante arcate, non sempre regolari, anzi spesso sbilanciate, da far pensare ad un crollo improvviso. Ma il ponte regge: evidentemente il progetto non solo aveva previsto, ma aveva messo in conto le arcate sbilanciate. Su quel ponte la fantasia narrativa della Giaroli Fornaciari ha collocato la vicenda di Carla Rolli. Vicenda sconvolgente, racchiusa fra due incontri. L’incontro di Carla con quello che sarà poi il padre della sua bambina, Sara, nel garage sotterraneo di un palazzo; l’incontro di Carla – ora suor Michela- con la sua” bambina”, Sara, nel giorno in cui quest’ultima si sposa ( e si sposa proprio nella chiesa del monastero che è diretto dalla madre).
Nell’incontro iniziale il giovane Giampiero non sa che la ragazza che ha davanti, poco prima ha ucciso un uomo; nell’incontro finale, Sara, non sa (e forse non lo saprà mai) che la monaca che ha davanti- e che la bacia con tanta intensità- è sua madre.

Una vicenda sconvolgente non priva di situazioni scabrose, che la scrittrice mette in contatto con l’ambiente- si direbbe- meno adatto: un convento di suore e monastero. Ma è proprio in questo ambiente che Carla ritrova la fiducia nella vita e il coraggio di andare avanti. La Giaroli Fornaciari ce lo presenta nel suo vero clima, ben lontano dagli stereotipi del cinema e dei giornalisti. È un clima sereno in cui vivono e si muovano persone vive, libere, gioiose. Fra queste spiccano suor Matilde, donna meravigliosa, vera sintesi di spiritualità e umanità; e la Generale, una monaca che sa leggere nel cuore delle persone che incontra, e per la quale la persona umana vale più di ogni regola.
In questo clima Carla riesce a superare i suoi traumi, compreso il trauma della possessione diabolica (e dell’esorcismo), tema che la scrittrice affronta con serenità e sobrietà, attenta evidentemente a non enfatizzarlo e a tenerlo nelle sue giuste dimensioni.

Un romanzo bello e buono La Scala di Giacobbe. Bello nello stile; appassionato, ma scorrevole, e coerente dall’inizio alla fine. Buono come contenuto: non per i fatti narrati, ma per la lettura che ne viene fatta. Una lettura spirituale, in quanto obbliga ad andare al di là del racconto per scoprire il meglio di ognuno di noi.
Vale la pena qualche volta chiudere la televisione per leggere un libro come questo: vi si respira aria sana. E ne abbiamo bisogno, tanto bisogno.
Mons. Guerrino Orlandini

(La Libertà, settimanale cattolico reggiano, del 6 novembre 2004 – “La Scala di Giacobbe” nella prima edizione uscì col titolo “Il Ponte dell’amore”)

La Libertà, novembre 2004
La Libertà, novembre 2004

 

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